tanto di cappello

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sabato 18 novembre 2017

Guida Michelin 2018 - nell'immobilismo della Toscana, fanno notizia Cracco e Sadler che perdono la seconda stella

Dopo l'italiana guida de L'Espresso, ecco l'internazionale Michelin, "la rossa" come viene comunemente chiamata dagli addetti ai lavori. Presentata due giorni fa a Parma, presso il Teatro Regio, come sempre ha tenuto con il fiato sospeso chef, patron ed appassionati. Poco era trapelato, niente di specifico, ma sono state confermate le voci che volevano almeno un nuovo tre stelle; nella rosa dei papabili, vi erano i vari Antonio Guida, Alfonso Iaccarino, Norbert Niederkofler del St Hubertus di San Cassiano, in Alta Badia , ed è proprio quest'ultimo ad aggiudicarsi la terza stella, nono ristorante italiano a fregiarsene.
L'Italia si conferma il secondo Paese più stellato al mondo, dopo ovviamente la Francia.
Come abbiamo anticipato, fanno tuttavia più notizia le stelle perse dai mediatici Carlo Cracco e Claudio Sadler che quindi scendono da due ad una. E' evidente che hanno pagato il tempo passato dietro le telecamere, in un marketing milionario che tuttavia rende onore più al portafoglio che alla cucina.
Da seguire Alessio Longhini, classe 1988, allievo proprio del neo tristellato Niederkofler, nominato Giovane Chef 2018 e premiato con una stella al ristorante Stube di Asiago. 
In Toscana invece poche le novità,  con la nuova stella  al ristorante del Relais & Chateaux Borgo San Felice, dello chef Antonio Borraccino. già al Pellicano di Porto Ercole.  Perdono una stella i ristoranti Lunazia di Viareggio e L'Acquacotta dell'Hotel Terme di Saturnia, che paga la mancata consulenza da parte dei Cerea.  Ancora assente Prato, dove siamo rimasti fermi alla ormai lontana stella del Pirana e a quella lampo, nell'acquisizione e chiusura, del Tre Lune di Calenzano. A Firenze nessuna novità, a differenza de L'Espresso che invece aveva dato nuovi riconoscimenti a giovani chef.
Di seguito l'elenco delle stelle toscane.


domenica 5 novembre 2017

Minestra di fagioli aulettese (di Auletta - Salerno) -

 Ingredienti:
- fagioli piattellini
- pasta mista
- polpa di pomodoro
- aglio, peperoncino, sale
- olio piccante

Oggi una minestra invernale tipica dell'entroterra salernitano, a base di fagioli e pasta, con la particolarità dell'aggiunta di un olio soffritto con peperoncino piccante.
Come sempre infatti, elementi semplici per una cucina tradizionale.
I fagioli secchi vanno messi a bagno per almeno una notte e poi cotti in coccio con acqua abbondante.
In una pentola, porre olio extravergine ed uno spicchio di aglio; abbronzato l'aglio, poniamo in cottura circa 150 gr di polpa di pomodoro e lasciamo cuocere  finchè la polpa non sarà ritirata a crema. Calare adesso i fagioli già cotti, con la loro acqua; quando il tutto arriva a bollitura, buttiamo la pasta e lasciamo cuocere come fosse un risotto, eventualmente aggiungendo ancora acqua di cottura dei fagioli. Quando la pasta risulta cotta e cremosa, spengere il fuoco e attendere alcuni minuti prima di servire.

Si impiatta con l'aggiunta dell'olio piccante, precedentemente soffritto con il peperoncino.





Piatto semplice e di sicuro gradimento. Buon appetito!

giovedì 19 ottobre 2017

Prendete carta e penna, ecco i migliori ristoranti di Firenze e provincia

L'autunno è la stagione delle guide gastronomiche che in Italia si chiamano principalmente Espresso e Michelin.
Oggi alla Stazione Leopolda di Firenze, è stata presentata la guida de L'Espresso, del direttore Enzo Vizzari, una guida tutta italiana che quest'anno festeggia il suo 40° compleanno. L'uscita come sempre è stata anticipata da critiche e scambi d'opinione talvolta al limite della querela, dove i ristoratori non ritengono adeguatamente valutato il loro lavoro. E' evidente come la presenza in una guida di tale livello ed un'adeguata valutazione, incidono non poco sia sull'umore che sul portafogli dello chef e del patron della struttura.
Quest'anno ulteriore cambiamento nelle classifiche, con valutazioni fatte non in numeri ma in cappelli e l'inserimento per la guida 2018, del "Cappello d"Oro", un riconoscimento per quegli chef che, in attività da lungo periodo, hanno dato lustro alla nostra cucina in Italia e nel Mondo. Per gli altri, la classifica  va da 1 a 5 cappelli.
Diciamo subito che Firenze e la Toscana non rappresentano per l'Espresso la culla del buon mangiare. Troviamo infatti l'Enoteca Pinchiorri, Caino e Lorenzo inserite nel"Cappello d'Oro" per la loro lunga permanenza nell'olimpo dei migliori ristoranti d'Italia, ma a seguire il granducato non viene premiato più di tanto. Infatti nessun locale toscano risulta essere premiato con 5 o 4 cappelli. Per trovare un locale di Firenze e provincia, occorre scendere ai 3 cappelli, dov'è presente il Palagio del Four Seasons con l'ottimo chef Vito Mollica, alla guida della brigata di cucina fin dall'apertura e da qualche anno responsabile anche del Four Seasons di Milano dove ha sostituito Sergio Mei. Scarsa anche la presenza toscana nei 3 cappelli, rappresentata da Bracali di Massa Marittima, locale da tempo ai vertici delle guide gastronomiche, al quale si sono aggiunti quest'anno i ristoranti degli Hotel Principe di Forte dei Marmi e Borgo Santo Pietro di Chiusdino.
Con 2 Cappelli aumenta la rappresentanza fiorentina nella guida.
Iniziamo con Borgo San Jacopo, ristorante salito agli altari delle guide tre anni fa con l'arrivo alla guida della cucina del gruppo Lungarno Collection (famiglia Ferragamo) di Peter Brunel, nato nel 1976 in Val di Fassa, ma già in Toscana da alcuni anni.
Non meno prestigioso il Winter Garden By Caino, il ristorante del lussuoso St. Regis di Firenze (ex Grand Hotel), dove lo chef Michele Griglio gode della consulenza dell'inossidabile Valeria Piccini, icona della cucina toscana e nazionale.
Salgono nel 2018 a due cappelli, l'Ora d'Aria e la Bottega del Buon Caffè rispettivamente guidati dagli chef Marco Stabile e Antonello Sardi. Ormai noto il primo per la sua quasi decennale permanenza nel ristorante di via dei Georgofili dove è giunto dopo altrettanto lunga esperienza da Arnolfo a Colle Val d'Elsa come secondo di Gaetano Trovato, Antonello Sardi risulta meno noto sulle rive dell'Arno, ma l'allievo di Enrico Bartolini dimostra di avere doti non comuni che lo candidano ad essere uno dei migliori cuochi della città. La Bottega del Buon Caffè si trova nel lungarno Cellini e fa parte della società Borgo Santo Pietro, il lussuoso Relais & Chateaux di Chiusdino.
Sempre con 2 cappelli lo storico Cibreo di Fabio Picchi,  personaggio presente molto spesso nel palinsesto televisivo. Il suo ristorante vuol essere l'ottimizzazione della cucina tradizionale fiorentina, un mix fra tradizione ed evoluzione, nello storico panorama fra piazza Ghiberti e piazza S.Ambrogio.
Non è una sorpresa la promozione al secondo cappello per  il Se.Sto dell'Excelsior dove da tre anni si trova il giovane chef Matteo Lorenzini che nel 2014 aveva stupito tutti riuscendo ad ottenere dopo pochi mesi dall'apertura la stella michelin al Tre Lune di Calenzano, salvo chiudere i battenti dopo pochi giorni dalla premiazione. All'epoca la guida l'espresso lo aveva indicato come chef giovane emergente.  Dopo il Tre Lune, una breve esperienza al Mandarin di Milano alla corte del guru Antonio Guida e poi il ritorno a Firenze alla guida del ristorante Se.Sto on Arno dell'Excelsior.  
Sono 34 i ristoranti toscani insigniti di 1 Cappello e di questi 8  di Firenze.
Troviamo confermati il ristorante Gurdulù, via delle Caldaie, nel cuore del quartiere fiorentino di Santo Spirito. Lo chef  fiorentino Gabriele Andreoni vanta fra i suoi maestri l'icona  Heinz Beck il tristellato tedesco trapiantato a Roma.  Andreoni è giunto al Gurdulù lo scorso febbraio, all'età di 36 anni, dopo l'esperienza del Santo Graal di via Romana dove il suo rapporto con il patron Emanuele Canonico non sembra essere stato proprio idilliaco. Gabriele Andreoni è cuoco per passione, lo è diventato dopo aver frequentato prima il liceo scientifico e poi agraria. Un corso della regione è stato il suo primo approccio al mondo della ristorazione e poi l'esperienza lavorativa come cameriere per "raggranellare" il denaro occorrente per la formazione presso l'Alma ed alcuni stages presso ristoranti stellati. Il Pasha del Grand Hotel Villa Cora uno dei più lussuosi alberghi della città, vede confermato il cappello dello scorso anno. 
Fanno invece il loro ingresso per la prima volta l'Essenziale, La Buona Novella del Grand Hotel Minerva, il Santa Elisabetta dell'hotel Brunelleschi, La Leggenda dei Frati e Oliviero
Lo chef Filippo Saporito ha "trasferito" due anni fa il suo ristorante La Leggenda dei Frati, dalle colline senesi allo splendido Palazzo Pardini di Firenze; da subito Michelin e L'Espresso confermano la fiducia in lui. 
Nuovo chef da pochi mesi anche al Santa Elisabetta dell'Hotel Brunelleschi, dove il campano Rocco De Santis darà frutto all'esperienza maturata accanto a Gennaro Esposito.
Un discorso a parte invece per l'Essenziale, La buona Novella ed Oliviero. Alla guida di questi tre locali tre chef giovanissimi di cui sentiremo parlare in futuro. Tommaso Calonaci è giunto alla guida del ristorante del Grand Hotel Minerva all'età di 24 anni; un diploma al Saffi e poi l'esperienza all'Acqua Pazza e a La Menagere. Giunto a La Buona Novella, ha stravolto il modo di fare cucina ed i risultati sono arrivati subito.
Altro giovanissimo alla guida di uno storico ristorante fiorentino, Oliviero. Ivan Ferrara ha 27 anni ma sulle spalle un curriculum da incorniciare, con le esperienze maturate al Four Seasons di Ginevra, da Arnolfo di Gaetano Trovato e presso il tempio della ristorazione Enoteca Pinchiorri. 
Altro giovane di grande futuro, Simone Cipriani è un figlio d'arte, essendo suo padre un ristoratore romano. Giunge all'Essenziale dopo una gavetta dal più volte citato Gaetano Trovato ed il Santo Graal di Firenze e subito si mette in evidenza e, come constatiamo, i riconoscimenti non tardano ad arrivare.

mercoledì 18 ottobre 2017

Qualità e Servizi: cosa e come si mangia al nido nella Piana Fiorentina.

Inizia la stagione delle guide gastronomiche, domani a Firenze sarà presentata la guida dei ristoranti de L'ESPRESSO, ma noi vogliamo volare basso e fermarci a quella che è l'alimentazione che più interessa le famiglie: quella dei loro figli; parliamo del nido.
 Da sempre la mensa scolastica è stata al centro dei dibattiti locali, con genitori perennemente scontenti, dimenticando spesso quella che è la dieta che loro stessi offrono ai bambini, una dieta sempre più basata su merendine preconfezionate, sofficini e precotti in genere, frutto di una vita frenetica che lascia poco tempo ai fornelli. E che dire poi delle abitazioni attuali, dove le cucine sono solo angoli cottura e l'appartamento è la cucina di un tempo, loculi dove un buon brodo fa compagnia nell'aria lo stesso tempo che nel frigo, ed il pensiero di un buon fritto può essere causa di divorzio?

A dire il vero, l'anno scolastico è iniziato da oltre un mese e per quanto a nostra conoscenza non vi sono state lamentele, o almeno non sono emerse all'esterno.

Siamo a Signa, la mensa scolastica ormai da oltre venti anni è fornita da Qualità e Servizi, una società per azioni pubblica con soci i comuni di Sesto, Campi Bisenzio ed appunto Signa.

In passato vi sono stati notevoli problemi finanziari che ne avevano ipotizzato lo scioglimento, ipotesi poi superata con ulteriori investimenti dei comuni che sono rimasti nella società dopo l'abbandono di Calenzano. Il Bilancio consuntivo 2016 evidenzia un ricavo di circa 214.000 euro.
Attualmente Qualità e Servizi impiega oltre 200 addetti; sede legale e principale punto di cottura sono a Calenzano. La società per statuto ha numerose attività, compreso facchinaggio, controllo di impianti allarmistici, installazione ed assistenza tecnica sugli impianti di sicurezza, operatori impianti video circuiti chiusi ecc. ma per quanto a nostra conoscenza, opera principalmente nel campo della ristorazione collettiva, scolastica in particolare. 
Ogni due mesi viene distribuito un pieghevole con riportati i menù quotidiani e la filiera dei prodotti che si presenta prevalentemente locale, sicuramente toscana. 


Andiamo allora a vedere cosa mangiano i nostri bambini.

Con grande soddisfazione notiamo che il menù è semplice e legato alla tradizione del luogo.  Notiamo dunque la Pasta e Fagioli, il Passato di Zucca con Cavolo Nero,  la Frittata, i Broccoli saltati, le Polpette di Pesce Azzurro, (un tempo avrebbero potuto servire le alborelle d'Arno 😜), le polpette di cardi, e così via con verdure di stagione ed i piatti della tradizione povera toscana.



La società è ultra certificata, a garanzia della qualità del prodotto e del servizio. Non abbiamo avuto l'opportunità di assaggiare quanto servito, ma l'indice di gradimento di chi è a nostra conoscenza, risulta alto e questo ci basta per poter affermare che questa volta il servizio pubblico funziona.


Buon lavoro.

venerdì 6 ottobre 2017

Da Settimo il ristorante del pesce a Firenze -


 Rischiamo di ripeterci parlando di questo storico ristorante di pesce; due anni fa la precedente recensione che già esaltava le qualità del locale, adesso la conferma, se già ce ne fosse bisogno. https://esperienzedigusto.blogspot.it/2015/10/settimo-il-mare-firenze.html
Curato l'ambiente, professionale il personale, la mise en place è in linea con il target medio/alto dei clienti. Come si deve per tale livello, l'acqua è la S. Pellegrino in vetro.
Imbottigliati da Villa Chiopris, facente parte dell'azienda Livon, la Ribolla Gialla del 2015 e lo Chardonnay del 2016, sono i due ottimi bianchi di 12 gradi serviti e mantenuti alla giusta temperatura.

Dell'azienda Cerrini di Tavarnelle, l'olio


Per avere un'idea più variegata possibile del menù, optiamo per la vasta serie di assaggi come antipasto.

Iniziamo quindi con le cruditès con varietà di gamberi, ostriche e carpaccio di tonno e spada



Ottima la mousse di cernia, servita su crackers ai cereali


I gamberi al vapore, sono impreziositi da un'eccezionale composta di cipolle di Tropea al balsamico
Tradizionale quanto eccezionalmente morbida, l'insalata di polpo

Stesso tenore per l'insalata di alici
Si passa poi al caldo, un ottimo baccalà alla livornese


A seguire il mare caldo, cozze e vongole a volontà
e per finire gli innumerevoli antipasti, gli immancabili moscardini dove non possiamo non fare la "scarpetta" con una delle varietà di pane a disposizione.




Due i primi: i classici spaghetti allo scoglio ed i più delicati straccetti al branzino.
Proprio questa sequenza risulta non indovinata, dove il sapore "pieno" dello scoglio, sovrasta la delicatezza del branzino.

Si finisce con un fritto veramente misto e di particolare leggerezza.


Il sorbetto finale è per consistenza e sapore ottimo.


Che dire, amiamo definire questo ristornate una "trattoria di mare", dove riteniamo che un'ottima trattoria abbia come prerogativa la tutela della tradizione con ingredienti di primo livello e loro esaltazione senza mutarne i sapori. Questo è Settimo, un luogo dove si guarda alla sostanza ancor più che alla forma o, se preferiamo, dove la forma prende sostanza.
Buon appetito!
http://www.dasettimo.it/

domenica 1 ottobre 2017

Melanzane con ripieno di carne -


Oggettivamente le melanzane sono un piatto estivo, quando questo prodotto della terra risulta presente in tutti gli orti; tuttavia accendere il forno quando fuori ci sono 40 gradi credo sia una prova di coraggio che in pochi vogliono fare. Diciamo allora che la grande distribuzione consente adesso di avere le melanzane in ogni stagione ed ecco che autunno ed inverno diventano le stagioni ideali per questo appetitoso piatto da gustarsi sia caldo che freddo.
Come sempre numerose le varianti, che rendono le melanzane ripiene "a barchetta" un piatto valido anche per chi non vuol fare uso di carne. Noi per il momento ne facciamo uso ed ecco che alla polpa di una melanzana leggermente lessata e divisa in due nella lunghezza, uniamo un macinato misto di bovino e suino.
 Nella ciotola, con il macinato, uniamo oltre alla polpa di melanzana anche uova, pane rappreso e ammollato, grana grattugiato, aglio e prezzemolo, oltre a sale e pepe.

Lavoriamo quindi il tutto rendendo l'impasto omogeneo, salando ed aggiungendo ancora formaggio se risulterà troppo morbido.

 E' adesso il momento di porre il nostro ripieno nelle mezze melanzane e riempirle, calandovi sopra dell'ottima passata ed altro formaggio, noi ancora grana, ma chi ne ha ottimo sarebbe sia per l'impasto che per la finitura, usare il caciocavallo. Ovviamente l'impasto sarà in quantità superiore a quello necessario per farcire le nostre melanzane, poco male, il rimanente lo utilizziamo per fare delle polpette da cuocere anche in questo caso in forno insieme alle melanzane di cui non tutti gradiscono la buccia.



E' adesso il momento di porre le nostre melanzane in forno, a 180/200 gradi per una quarantina di minuti.




Come abbiamo detto, si tratta di un piatto che possiamo gustare sia caldo che freddo il giorno seguente. Le varianti poi sono tante e consentono di trasformarlo da un secondo ad un ottimo primo se non un antipasto. Si tratta di un piatto della tradizione, ma ogni paese ha una sua variante e quindi ognuno si sbizzarrisca con gli ingredienti che ritiene più adatti al proprio palato. Per il momento accontentiamoci di queste che serviamo unite a dei fagiolini insaporiti con del trito d'aglio e pan grattato su cui caliamo un filo d'olio.
Buon appetito.


mercoledì 6 settembre 2017

L'Amatriciana a modo nostro . Spaghetti all'Amatriciana

Spaghetti o bucatini, due tipi di pasta che ben si coniugano con il sugo all'Amatriciana, da Amatrice, il piccolo comune laziale da cui deriva il nome del già noto condimento, reso universale per le innumerevoli iniziative che si sono succedute  in tutto il mondo dal  24 agosto 2016, giorno del tremendo terremoto che ha raso al suolo la quasi totalità dei suoi edifici con un bilancio di vite umane indicato in 235 persone.
La ricetta originale è disciplinata da una delibera comunale del 2015 e quindi il piatto sotto esposto non ha la pretesa di essere il migliore e tanto meno l'originale, è solamente quella fatto dal sottoscritto, che ha come principale varietà quella di presentare dei listelli di guanciale croccante. Veniamo quindi alla nostra ricetta.

Spaghetti or bucatini, two types of pasta that are well combined with the sauce at Ammatriciana, by Amatrice, the small town of Latium from which it derives the name of the already known seasoning, made universal for the countless initiatives that have happened all over the world from August 24, 2016, the day of the terrible earthquake that destroyed almost all of its buildings with a budget of lives shown in 235 people.
The original recipe is governed by a municipal resolution of 2015 and therefore the recipe below has no claim to be the best, and much less the original, is only that made by the undersigned, which has as its main varieties the presentation of strips of crunchy pillow. So let's come to our recipe.

Gli ingredienti sono i classici:
Ingredients:
- spaghetti
- guanciale
- pecorino romano
- pomodori pelati
- olio extra vergine
- vino bianco meno di 50 cl
- sale, pepe

Per prima riempiamo con abbondante acqua una pentola che metteremo a scaldare facendovi poi cuocere gli spaghetti; contemporaneamente tagliamo a cubetti il guanciale, lasciando alcuni listelli più lunghi che faremo diventare croccanti in una padella antiaderente senza assolutamente usare olio ed anzi piegando in posizione obliqua la padella via via che l'olio si forma dal grasso disciolto del guanciale. Una volta croccanti, le listelle si tolgono e caliamo in padella il rimanente guanciale in cubetti che faremo imbiondire a fuoco medio, sfumando poi con il vino bianco. Togliamo adesso anche questo guanciale che teniamo da parte ed utilizziamo il grasso disciolto per cuocervi il pomodoro che lasceremo addensare ed insaporire per alcuni minuti. A questo punto la pasta sarà già al dente, scoliamola e caliamola in padella dove la saltiamo con il pomodoro dopo avervi di nuovo posto i cubetti di guanciale.
First, fill a pot with water that we will then warm up making you cook spaghetti; simultaneously we cut the bacon into cubes, leaving some longer strips that we will become crisp in a pan without oil and use absolutely contrary by bending at an angle the pan gradually that oil is formed from dissolved fat pillow. Once crunchy, the plates are removed and we put the remaining bacon into the pan, which we will blend with medium fire, then shading with white wine. We remove now also this pillow that we keep aside and use the dissolved fat to cook the tomato that let thicken and cook for a few minutes. At this point the pasta will be already cooked, let's roll it down and we put it in the frying pan, where we jump with the tomato after placing the bacon cubes again.
Adesso non resta che impiattare aggiungendo il guanciale croccante e cospargendo di pepe e pecorino. Buon appetito!
Put the spaghetti in the dish, decorating with bacon and cheese. Enjoy your meal!

giovedì 8 giugno 2017

La COVA, e non rimpiangi la Spagna - The COVA, and do not regret Spain



Non chiamatelo ristorante, ma neppure bar; LA COVA vuole essere un tapas bar, appellativo che riconduce alla gastronomia iberica che non consente di chiamare il prosciutto prosciutto, ma come minimo Jamòn Serrano, come gli splendidi arti posteriori di maiale iberico che fanno bella mostra di se all'interno del locale.  




Do not call her a restaurant, but not even a bar; COVA wants to be a tapas bar, a name that leads to Iberian gastronomy that does not allow you to call ham ham, but as a minimum Jamòn Serrano, like the splendid Iberian pork backs that make a good show of it inside the venue.

Simpatico, semplice e quindi accogliente, il locale accoglie i clienti nel periodo invernale, ma con la bella stagione si gustano le ottime tapas accomodati all'esterno, nella centralissima via Santa Trinita, all'angolo con Piazza San Francesco. Siamo a Prato, quella che un tempo era conosciuta esclusivamente per la sua fiorente industria laniera e che adesso con il diminuire dell'attività produttiva, dedica maggior attenzione al suo bel centro storico, sempre più fiorente di manifestazioni e di locali degni di attenzione.

Simpatic, simple and so welcoming, the restaurant welcomes guests in the winter, but with the beautiful season you can enjoy the great tapas placed outside, in the central street Santa Trinita, at the corner with Piazza San Francesco. We are in Prato, what was once known for its flourishing wool industry and that now with the diminishing of its production activity, I pay more attention to its beautiful historic center, more and more flourishing of events and places of attention.



Il personale è giovane, professionale e di una rapidità rara nel riuscire a servire i numerosi clienti che si alternano ininterrottamente dalle 19,30 alle 23,30 circa.  Casualmente siamo a La Cova la sera della "notte bianca" e quindi l'affluenza è ai massimi livelli; nonostante ciò, i giovani titolari Federico e Margherita, splendidamente coadiuvati in sala da Mattia, Federico e Stefano, riescono a soddisfare in breve tempo tutte le comande. Andrea, in arte "Pierugo", solo dietro al banco, sforna ininterrottamente i più celebri cocktail.

The staff is young, professional and of a rare speed in being able to serve the many customers who alternately alternately from 19.30 to 23.30 approx. We are occasionally at La Cova the night of the "white night" and therefore the turnout is at the highest levels; Nevertheless, the young Federico and Margherita holders, who are brilliantly assisted by Mattia, Federico and Stefano, are able to satisfy all the commands in a short time. Andrea, in the art "Pierugo", just behind the counter, is constantly pushing the most famous cocktails.
Abbiamo la possibilità di optare per il menù fisso a 15 euro a testa escluso bevande per un menù di coppia, e così facciamo, com'è buona norma per valutare la qualità e, soprattutto, serietà del locale. Da subito ci rendiamo conto che non si tratto di uno "specchietto per le allodole". I piatti si alternano con ritmo costante e con costante qualità, tali da soddisfare il palato dei commensali. Si nota la maestria di chi sta in cucina, con piatti che consentono a chi ben riesce ad organizzarsi, di soddisfare in solo due unità, una miriade di comande.

We have the option of opting for a 15-euro set-up menu for drinks for a couple's menu, and so do, as is good practice to assess the quality and, above all, the seriousness of the room. From now on we realize that it is not a "mirror for the lazy ones". The dishes alternate with constant and constant quality, to satisfy the palate of the diners. You can see the mastery of those who are in the kitchen, with dishes that allow those who can manage themselves, to satisfy in just two units, a myriad of commands.
Si inizia con un piatto freddo costituito da un'insalata di baccalà (empredat), a cui fa seguito un eccezionale Camembert Crujiente,  Camembert Fritto con granella di mandorle e confettura di lamponi. Più tradizionale la  Tortilla del dia, una Frittata con patate, formaggio, zucchine e fiori di zucca e i Calamares a la plancha, Calamari alla piastra di profumo mediterraneo e quindi con aria familiare. Siamo esigenti e, fuori dal menù, chiediamo anche delle Croquetas de jamon, Crocchette di prosciutto Serrano,, anche se in questo caso restiamo leggermente delusi, poiché, pur essendo ottime le crocchette, non siamo assolutamente colpiti dal sapore del prosciutto che passa inosservato. Per motivi tecnici non possiamo mostrarvi i Pincho Moruno, spiedini di pollo marinati con spezie affumicate e cotto alla piastra, ottimi!
It starts with a cold dish consisting of a salad of embroidery (empredat), followed by an exceptional Camembert Crujiente, Camembert Fried with almond grain and raspberry jam. More traditional is the tortilla del dia, an omelette with potatoes, cheese, zucchini and pumpkin flowers and the Calamares to the plancha, calamari to the plate of Mediterranean perfume and therefore with familiar air. We are demanding and, outside the menu, we also ask for Croquetas de jamon, Serrano ham croquettes, though in this case we remain slightly disappointed, since, while the croquettes are great, we are absolutely not affected by the taste of the ham that goes unnoticed. For technical reasons we can not show you Pincho Moruno, marinated chicken skewers with smoked spices and cooked to the plate, great!

Si finisce con il piatto principe per chi vuol rappresentare la cucina delle varietà di preparazioni alimentari tipiche della cucina spagnola consumate come aperitivi o antipasti: il citato Jamon Serrano, accompagnato da ottime  Pa amb tomaquet, banali ma buone bruschette con pomodoro strusciato, sale e olio.
In conclusione, possiamo affermare senza timore di smentite, che la Cova è più di un locale di imitazione spagnola, la qualità dei prodotti e la professionalità del personale, lo rendono sicuramente di livello se non superiore, almeno pari a quello dei pari locali della penisola iberica, e tale da soddisfare anche i palati più esigenti. Un passaggio presso la Cova, rappresenta inoltre un buon motivo per conoscere una città, Prato, troppo spesso ritenuta priva di interessi artistici e ricreativi.
In conclusion, we can say without fear of denying that Cova is more than a Spanish imitation room, the quality of the products and the professionalism of the staff, it certainly makes it level if not superior, at least equal to that of the local peers of the peninsula Iberian, and to satisfy even the most demanding palates. A passage at Cova is also a good reason to know a city, Prato, too often considered to be devoid of artistic and recreational interests.

lunedì 5 giugno 2017

No Kebab e Mc Donald, si alla ribollita fatta dai cingalesi. Dove la tradizione sta solo nell'ipocrisia dell'apparire.

Nei centri storici delle città d'arte come Firenze, vi sono giusti vincoli che tendono a salvaguardare l'originalità degli esercizi commerciali. Tuttavia nessun obbligo vi è per quanto riguarda gli operatori, tanto che i negozi sono sempre più spesso gestiti da stranieri. Se parliamo di pelletteria o altri tipi di manufatti magari poco male, ma il dubbio ci assale quando, entrando in una delle numerose trattorie che imperversano il centro storico e che ostentano all'esterno la loro tipicità con menù della tradizione locale, scopriamo che di camerieri e cuochi italiani, salvo poche eccezioni, non v'è ombra: il cingalese è la lingua prediletta, con divagazioni nord africane davanti al forno e accenti dell'est in sala.
Se chiedi il motivo al gestore, talvolta italiano, questi non fa altro che allargare le braccia e, scuotendo la testa, affermare che i giovani italiani non fanno certi lavori. Ma come, con tanti ragazzi che si iscrivono alle scuole alberghiere, nessuno che fa la professione? Certo, in tanti sono abbagliati dal successo mediatico di chef famosi, salvo poi scontrarsi con la dura realtà di 60 ore di lavoro settimanali con turni che ti cambiano vita ed amicizie e molti lasciano, ma molti continuano e magari vanno anche all'estero, diventano migranti economici  sconfessando le affermazioni di quel gestore che asseriva essere i nostri giovani svogliati e poco motivati. 
Quale è il motivo che può portare un giovane a lasciare il suo Paese, amici e famiglia, per poi fare lo stesso mestiere e le stesse ore di lavoro massacranti? E che dire di quei cuochi o barman che si imbarcano trascorrendo la maggior parte dell'anno in mare lavorando senza pause? Il gestore parlava di svogliati e demotivati, non di coglioni o "bischeri" come si ama dire a Firenze! Quindi se i nostri giovani non son bischeri e dimostrano all'estero di poter sopportare certi carichi di lavoro, il motivo è altro. Soldi! diremo tutti in coro, poiché gli stipendi italiani sono i più bassi d'Europa, di quella parte almeno che l'ha fondata, senza pensare poi a Svizzera e USA o ai paradisi fiscali.  No, neppure qui sta tutta la verità, in Belgio e Francia per esempio, non è che si guadagni tanto di più e negli altri posti la vita è più cara ed il potere d'acquisto se pure leggermente favorevole, spesso si perde per le maggiori spese di chi vive lontano dalla famiglia e paga anche un affitto.
Il contratto di lavoro italiano del turismo non è poi tanto male; non diventi ricco, ma vivi dignitosamente, con un buon stipendio, la quattordicesima e tanti straordinari, perché ........... avevamo detto che si lavora 60 ore a settimana e quindi 20 sono di straordinario, molte festive ed anche notturne. Ecco allora che un commis di cucina, il livello più basso per chi si avvicina alla professione di cuoco, dagli attuali mille euro o poco più, arriverebbe con gli straordinari e festivi, tranquillamente ai 1500 netti al mese od in alternativa, a raddoppiare le ferie annue! Certo, questo con gli straordinari. Il problema è che in Italia, non solo non pagano gli straordinari, ma spesso non si fanno neppure i contratti e qualora anche si stabilisce un rapporto di lavoro, se non lo si fa a nero, spesso lo si fa a livelli inferiori al ruolo effettivamente svolto in cucina, tanto che non di rado potremmo trovare un lavapiatti a svolgere le mansioni di un cuoco di secondo livello. Addirittura, capita in strutture dove si svolge contestualmente anche un'attività agricola, che il personale di cucina sia inquadrato come bracciante agricolo, ruolo che ovviamente conviene economicamente al solo datore di lavoro.
Quindi, tornando al tema iniziale, abbiamo scambiato l'originalità della facciata per quella del contenuto; abbiamo salvato la forma ma perso la sostanza, nel vero senso della parola, perché vendiamo un prodotto contraffatto, un prodotto i cui segreti, le cui particolarità, si sono tramandate da generazione in generazione e spesso con avida discrezione tramite ricette malamente manoscritte ma custodite come reliquie.
La cucina tradizionale o la si fa con i prodotti e gli uomini della tradizione, o la non si fa! Il sugo, il peposo, la ribollita se non lo spaghetto al pomodoro ed il pollo arrosto, se devono rappresentare la fiorentinità, devono essere il risultato di prodotti e lavori di qualità. Il pollo non allevato a terra, il pomodoro e lo spaghetto cinese, il sugo di ragù cotto in trenta minuti, il tutto condito con olio che di extravergine ha solo il nome e di italiano l'imbottigliamento, prodotti di infimo livello e provenienza, lavorati da chi non ha mai visto un sottovuoto se non un abbattitore e non conosce, per istruzione, educazione e provenienza geografica, i più elementari rischi di contaminazione alimentare, non solo non rappresentano la tradizione enogastronomica fiorentina, ma la deturpano agli occhi ed al palato degli avventori e quindi del mondo.
Un falso esercizio storico, alla stregua di una borsa od un orologio falso, è fonte di degrado e disordine sociale e pertanto, ho grossi dubbi sull'effettivo vantaggio di mantenere l'insegna di una trattoria là dove il prodotto generato è inferiore a quello di un kebab o di un Mc Donald: o la tradizione la si rispetta oltre che nella forma anche nel contenuto, oppure meglio lasciare il campo alla globalizzazione e che la fiorentinità resti una nicchia per pochi, così come di fatto lo è già ora.