tanto di cappello

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lunedì 25 giugno 2018

La Quercia di Castelletti - Signa - Firenze -

E' un bel ristorante all'esterno di una splendida villa situata al bivio che da Signa porta a Comeana o a Lecore. 
Incerto l'inizio della sua costruzione, ha avuto in passato diversi proprietari fra la nobiltà fiorentina, ma la famiglia Cavalcanti è quella che maggiormente ha lasciato la propria impronta e, nel 1859, Castelletti divenne un istituto agrario modello che sfornava i fattori, veri e propri dirigenti delle aziende agricole.




La Quercia di Castelletti ha l'ambizione di rappresentare una ristorazione ricercata e che vorrebbe rappresentare l'eccellenza della cucina tradizionale rielaborata, quindi quello che ci aspettiamo sono sapori elevati al massimo livello, utilizzo di materie prime eccellenti, bella presentazione ed assenza o quasi di errori. Per queste caratteristiche, che dovrebbero differenziare la cucina gourmet dalla trattoria e dal ristorante tradizionale da lasagna e arrosto misto, la critica, sempre soggettiva, sarà ovviamente più attenta e pretenziosa, prendendo atto che, ripetiamo, tale termine è sinonimo di pasti di alta qualità, altamente sofisticati, con grande attenzione alla presentazione e all'aspetto della pietanza. 


Diciamo subito che la posizione e la presenza di un'ampio spazio esterno, rende il ristorante particolarmente piacevole nelle calde serate estive, tuttavia anche il locale interno, posto sotto la rampa di accesso alla villa, è carino e ben curato, con tavoli in legno posizionati sul cotto, in maniera tale da lasciare una discreta privacy. La cucina è a vista; conduce la chef Elisa Masoni, coadiuvata da altri due giovani cuochi; giovane anche lo staff di sala tutto al femminile, sempre sorridente e puntuale.







                                                                                                                                                                                                                                                     
La mise en place è carina e presenta il piattino per il pane, elemento non comune anche nei ristoranti di medio/alto livello: due i bicchieri (il calice non cambia in relazione al tipo di vino), due forchette ed un coltello, il tutto poggiato su runner con al centro un porta candele e piantina grassa.




Siamo una ventina, tutti su tavoli esterni, italiani, inglesi e tedeschi; la componente straniera è probabilmente frutto dell'adiacente Hotel Il Borgo, facente parte il tutto del complesso di villa Castelletti, una location eccezionale per i ricevimenti in genere. Villa Castelletti

L'atmosfera è rilassata, il tono delle voci pacato e si riesce a comunicare senza il comune becerio di certi locali.


La carta dei vini è veramente ricca, con decine e decine di etichette, soprattutto italiane, con prezzi che variano da 12 ad oltre 100 euro.
Noi partiamo dalla base, un pur ottimo Rosato di Carmignano della Fattoria Ambra.


Nella carta non è indicato un menù degustazione, anche se la cameriera ne indica uno che inizia con un maxi tagliere di affettati e termina con un gran fritto. Optiamo per la carta e, visto la valutazione che daremo del fritto, direi che abbiamo fatto la scelta giusta.
Come si deve, iniziamo con il "benvenuto", l'assaggio che ogni ristorante è ormai solito offrire, diventato ormai un vero e proprio entrée in grado talvolta di sostituire l'antipasto; di norma cambia quasi tutti i giorni e rappresenta una forma di "esperimento" dello chef.
Nel nostro caso, è stato presentato un bignè farcito di paté di fegato, con una ciliegina di marmellata.

Semplice, estremamente equilibrato nel sapore, dove il burro fa un ottimo lavoro terminato poi dalla ciliegia di marmellata, rappresenta forse il "piatto" che più ci ha soddisfatto, privo di difetti e quindi ottimo, pronto da mettere in carta magari nella stagione invernale.


Ingenuamente ed anche per valorizzare il nostro rosato, optiamo per un pesce spada con caviale di lompo e rapa rossa.  Secondo il menù, il pesce spada doveva essere marinato, al gusto invece appariva normalmente affumicato. Il piatto, che denota zero lavoro di cucina, richiedeva una presentazione molto artistica, che imitasse  un fiore. Spada e rapa non davano assolutamente quella sensazione. 
Molto più carino il Cannolo fritto di Granchio, Gazpacho e Cetriolo croccante, in un grazioso variegare di colori. Purtroppo quello che appariva quale il piatto più appetitoso, sarà il più deludente, con il cannolo fritto alla perfezione ma che lasciava un sapore sgradevole nell'olio usato. Anche il gazpacho non ha fatto presa nelle nostre papille gustative.
Diverso il discorso per il Canederlo toscano su Crema liquida di Grana, olive Taggiasche e Basilico.  Questo piatto, di origine povera e quindi senza una ricetta vera e propria (è risaputo che nei piatti poveri si metteva quello che c'era) nel nostro caso ha come base la pappa al pomodoro che lo rende toscano. I canederli sono posti su una fonduta di grana e accompagnati da olive taggiasche e piccole foglie di basilico. Il sapore veramente ottimo, in questa semplice e collaudata combinazione di ingredienti. Se proprio vogliamo trovare una nota critica, questa sta nella "disordinata" presentazione del piatto. 
Per secondo un classico, il Maialino in Porchetta, accompagnato da "granita" del suo fegato e insalatina estiva con mela verde.
Il piatto risulta buono, con l'ottimo contrasto del croccante esterno e la morbidezza della carne; bene anche il dolce della mela coniugato alla granita o meglio, graniglia di fegato.
A diminuire  il valore del piatto, inutili e indecifrabili foglie di fritto con il già noto cattivo rilascio dell'olio.




 Buoni i dessert, dove il primeggiare è solo una questione di gusto personale. Se ami il caprino, il Cheescake ai biscotti di Prato, caprino e Fichi (di Carmignano) è l'ideale, a nostro modesto parere senza difetti da segnalare, mentre La Tartalletta al Cioccolato, fiocchi di Sale Maldon e Amarene al Vermouth di Prato, lascia dei dubbi nelle citate amarene servite forse a temperatura non ideale tanto che, come visibile in foto,  si stavano sciogliendo.
 
Per terminare, il caffè servito con due buone biglie di cioccolato con spolveratura di cocco.



La cucina della Quercia di Castelletti, è oggettivamente  buona così come il servizio di sala, già conforme ad ottimi standard. 
Certo, se la presentazione è abbastanza ricercata, la cucina resta semplice e tradizionale, quasi casalinga e manca di quei piatti che fanno emozionare chi si siede al tavolo, che lo trascinano in un mondo nuovo fatto di sapori e colori sconosciuti. 
Fiore all'occhiello è la cucina gluten free, dedicata ad una sempre più numerosa clientela. 

Quindi, possiamo asserire che per l'ospite di Signa ed il cliente locale, La Quercia di Castelletti, rappresenta, con il già recensito ristorante Il Castello, un riferimento certo per chi desidera un ambiente ricercato ed una cucina relativamente elaborata e raffinata, il tutto a trazione rosa ed offerto ad un prezzo da pizzeria.