tanto di cappello

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martedì 21 giugno 2016

Il Castello di Signa

Siamo a Signa, zona castello e non poteva chiamarsi altrimenti la pizzeria ristorante che ha aperto da circa un anno in una bella ristrutturazione con soffitti in travi a vista e muri spessi 80 cm. L'arredo non ci colpisce particolarmente. Belli tavoli e sedie in pelle, e posate che abbinano bellezza a funzionalità; non comprendiamo invece la tipologia di quadri appesi e la credenza anni 60 che spadroneggia nella sala principale.

Per il resto, tutto sa di pulito ed ordinato e questo è un bel presentarsi, ad iniziare dall'abbigliamento impeccabile del personale di cucina, del pizzaiolo e delle due ragazze che servono in sala. L'intenzione è quella di voler rappresentare qualcosa di più di un semplice ristorante pizzeria, e lo si vede già dal bel sito internet del locale  http://www.ilcastellodisigna.com/    dove la chef si presenta e l'attenzione ci porta a non ben specificate esperienze con i pluristellati Heinz Beck,  Antony Genovese e Pasquale Palamaro.
Si, si vuole cambiare pagina ed Il Castello di Signa è senza dubbio un locale diverso dalle trattorie e dalle pizzerie che spopolano nella zona; siamo di fronte ad un ristorante con ambizioni gourmet, dove la pizza non stona anzi....., come vedremo, rappresenta l'eccellenza.

Abbiamo prenotato, ma ci rendiamo conto che non era necessario, considerato che più di metà dei tavoli resteranno liberi. Ci accoglie una delle due ragazze di sala, con serenità e professionalità; come detto, l'abbigliamento non lascia niente all'improvvisazione e la sensazione, con una cucina piccola e quasi a vista, è che siamo in un locale dove siano garantiti i migliori livelli di igiene, elemento questo non trascurabile. Da segnalare inoltre lo sgabellino per le borse delle signore, particolare inusuale nei ristoranti di medio livello.
Accompagnati al tavolo. ci viene proposto subito un assaggio di benvenuto, un polpetto alla Luciana accompagnato dal prosecco. Il polpetto è estremamente morbido, e rappresenta una degna paresentazione al piatto che, tuttavia, non rientra nel menù degustazione mare che viene proposto e scelto.


Le luci non accecanti. i rumori soffusi anche per l'assenza di clienti di minore età e le particolari attenzioni delle due ragazze addette alla sala, rendono l'idea di un locale particolarmente curato.
Il pane è di un solo tipo, toscano, buono ma l'assenza di altre scelte, rappresenta un limite per un locale che vuol rappresentare una novità.
Optiamo anche per una pizza, osannata dalla quasi totalità dei commenti visibili nelle guide.
La pizza è veramente ottima, ben cotta e spessa del tipo alla napoletana. Gli ingredienti sono di livello; abbiamo scelto una delle più care, la Castellana con mozzarella. ricotta, pomodorini gialli, olio al basilico e grana e ci rendiamo conto che si tratta di vera mozzarella e non della solita pasta per pizze. Buona la cottura e superiore nel complesso il piatto. Abbiamo chiesto dell'olio piccante prontamente servito ma...... di piccante non c'era molto: comunque 9 euro splendidamente spese.
Il menù degustazione mare, proposto a 35 euro, inizia con i Gamberi fritti in pasta kataifi su yogurt al limone. Tre gamberi che rappresenteranno il miglior piatto della serata, veramente ottimi e con una buona salsa di yogurt di cui tuttavia non abusarne per non sovrastare il dolce sapore del crostaceo.

Seguono le Capesante su crema di patate. anche queste ottime sia nella cottura che nella salsa.
I maccheroncini al polpo (ci sembravano più delle trofie), appaiono invece di basso livello sia nel contenuto che nella cottura, dove il polpo appariva eccessivamente liquido e non riusciva ad imparentarsi ai maccheroncini, che noi continueremo a chiamare trofie. Lo scarso "apparentamento" rappresenta un limite tipico di un ristorante di basso livello e non concepibile in un locale che vuol ambire al livello gourmet.

Gli gnocchetti con crema di zucchine e gamberi non risultavano visivamente appetibili e presentavano un retrogusto amarognolo.

Il secondo è rappresentato da una seppia arrostita con insalata mista. Buona ma senza fronzoli, per quello che si vede in foto e per quanto si può gustare, elemento alla portata di qualsiasi cucina casalinga.
Non compreso nel menù degustazione, abbiamo scelto quale dessert una "Pastiera di grano scomposta", offerta a 5 euro e personalmente molto gradita e da suggerire.
Quale bevanda avevamo optato per un calice di bianco a 3 euro, notando che sul sito del locale, vi sono i menu  del ristorante (escluso quelli degustazione) e della pizzeria, ma manca quello dei vini che è presentato al momento e che appare all'altezza per il livello del ristorante ma, non all'altezza per quello che il locale vorrebbe rappresentare.
In conclusione, siamo di fronte ad un'ottima pizzeria, probabilmente la migliore della zona, ed un locale che esprime fiducia ed affidabilità per igiene ed un buon livello qualitativo anche per il ristorante che merita un giudizio positivo per il servizio ma lascia a desiderare per quanto riguarda quello che vorrebbe rappresentare, ovvero un salto di qualità gourmet. Buono, ma non scomodiamo Beck e Genovese, per il resto un locale con l'ottimo rapporto qualità/prezzo per l'area fiorentina, da frequentare in coppia o per cene di lavoro o di degustazione perché, siamo certi che le pecche da noi evidenziate, siano frutto di disattenzioni facilmente superabili.
Il Castello di Signa, 50058 - Signa (FI)  via Dante Alighieri, 21/23 Tel. 055 8734710

sabato 18 giugno 2016

Linguine alle Cozze - spaghetti with mussels - spaghetti aux moules - спагетти с мидиями - 貽貝意大利麵條

Si legge che le cozze o muscoli, sarebbero un perfetto depuratore di reflui urbani, riuscendo a filtrare e depurare la bellezza di quattro litri di acqua all'ora.  E' ben chiaro quindi che occorre fare molta attenzione alla provenienza e all'affidabilità del prodotto. Detto questo, la loro presenza nei piatti di mare è pressoché obbligatoria, così come discreta la loro duttilità d'uso, potendole servire come antipasto, secondo od ottimo condimento per una splendida pasta, rigorosamente lunga: Spaghetti o Linguine!
Andiamo per gradi. Le cozze si trovano in vendita tutto l'anno, tuttavia si dice che il periodo migliore per il consumo sia quello da maggio ad agosto, ovvero quello durante il quale non sono produttive ed hanno più sapore. Per i motivi sopra esposti, comunque le si mangino, occorre farle aprire a fuoco alto, in maniera tale da intervenire con il calore sui batteri; mangiarle crude e aperte con il coltello spremendo poi del limone, è ottimo per il gusto ma rischioso per la salute.
Pur chiedendo in fase di acquisto che siano pulite, occorre sempre terminare il lavoro ed eliminare la "barbetta" che comunque sarà più o meno presente. Come detto, mettiamole in una pentola che copriremo e lasciamo cuocere a fiamma alta finchè le cozze non si apriranno tutte.
A questo punto per una buona metà togliamo entrambe le valve e delle altre ne togliamo una sola.
Nel frattempo avremo posto a bollire abbondante acqua per la pasta e mentre facciamo soffriggere un trito di aglio, prezzemolo e peperoncino, filtriamo l'acqua fuoriuscita dalle cozze dopo l'apertura.
Con la bollitura dell'acqua, vi caliamo la pasta e a questo punto non resta che porre il liquido delle cozze nella padella e con essa le cozze pulite riportando il tutto a bollitura,

E' quindi a metà cottura che le nostre linguine acquisteranno tutto il sapore dei mitili assorbendone l'acqua e con essa il gusto; infatti le scoliamo e caliamo nella padella.
Quando ancora il sughetto non è totalmente assorbito, spengiamo il fuoco e saltiamo; niente deve rimanere di liquido e si formerà la giusta crema data dal rilascio dell'amido.

Adesso non resta che impiattare a mò di ristorante come sopra o di trattoria come sotto e, diremo, come piace a noi!



mercoledì 15 giugno 2016

La pappa al pomodoro - Toskanischer Küche: Pappa al pomodoro - Tuscan cuisine: pappa al pomodoro - Тосканская кухня: Паппа аль Pomodoro

 
Cucina toscana, cucina povera e come tale, si presenta a numerose interpretazioni come per esempio, non si scandalizzino i puristi se notano fra gli ingredienti il peperoncino. Stiamo parlando della Pappa al Pomodoro, che diventò famosa in tutta Italia negli anni '60 grazie alla omonima canzone cantata da Rita Pavone

Come spesso accade in fatto di cucina povera, l'ingrediente principale è il pane, nello specifico il pane toscano che si differenzia dagli altri per non essere salato; per il resto usiamo una passata di pomodoro o meglio, essendo in estate, la polpa di pomodori sbollentati e pelati che poi passeremo. Doneranno il loro caratteristico aroma, sia l'aglio che il basilico da aggiungere ad una cipolla finemente tritata e soffritta.

Ricapitolando, questi gli ingredienti indispensabili:
- Pane toscano
- Passata di pomodoro
- basilico
- aglio
- brodo vegetale
- sale, pepe e olio evo
Varianti possibili e gradite da chi scrive:
- soffritto di cipolla
- peperoncino
La procedura del mio piatto prevede di mettere delle fette di pane raffermo a mollo in acqua, dopo averne "strusciate" le fette con aglio e basilico. Si pone quindi a soffriggere la cipolla ben tritata in un tegame alto con poco olio ed un pizzico di peperoncino. Imbiondita la cipolla, vi si versa la passata di pomodoro, lasciando cuocere; quando il pomodoro sarà ritirato abbastanza o ben insaporito, vi caliamo il pane strizzato ed il brodo vegetale, nella quantità utile alla consistenza che vogliamo dare alla pappa, lasciando cuocere per più o meno tempo, sempre in relazione al fatto che desideriamo un piatto più o meno asciutto e comunque, non meno del tempo che serve per amalgamare bene il pane al pomodoro; salare quanto basta.
Spento il fuoco, non resta che impiattare sia a caldo che a freddo, indifferentemente a seconda delle preferenze. Per finire, non potranno mancare del pepe nero e dell'olio a filo calati sul piatto al momento di servire in tavola.
In relazione alla densità, si avrà una pappa vera e propria da mangiare con cucchiaio od un piatto più consistenze e asciutto da gustarsi con la forchetta.


giovedì 2 giugno 2016

Alessio Mori: prove d'orchestra del sous chef di un ristorante stellato. - Alessio Mori: orchestra rehearsals of a sous chef


 Da tempo, i media hanno fatto passare il messaggio che lavorare in un ristorante stellato o nella cucina di un albergo di lusso, rappresenti un'oasi felice, per la tipologia di lavoro e per le gratificazioni economiche che ne derivano; le stesse scuole alberghiere, hanno incrementato il numero degli iscritti soprattutto nel settore cucina, quello più seguito dai media che sempre più spesso dedicano spazio ai migliori chef. Preme prima di tutto, fare una distinzione nella differenza che esiste fra il citato termine chef e quello di cuoco. Nel primo caso, si tratta di un personaggio altamente qualificato dal punto di vista professionale e che svolge appunto il proprio servizio presso ristoranti di lusso, con i molteplici incarichi di seguito descritti, mentre il cuoco lavora presso ristoranti comuni, trattorie, tavole calde, navi e mense aziendali. In entrambi i casi la carriera dal basso è molto lunga ed il carico di lavoro estenuante.
Una brigata di cucina media, dovrebbe prevedere oltre allo chef, almeno un sous chef, uno chef pasticcere, tre capi partita ed altrettanti commis quindi non meno di nove persone, tuttavia il numero è estremamente variabile in relazione alla grandezza della struttura ed alla tipologia del servizio che si vuole servire, la dove ci sono menù che necessitano un tempo superiore per impiattare che per la cottura.
Lo chef ha la responsabilità non solo del menù nella sua costituzione e nei prezzi, ma anche degli acquisti e della assunzione e gestione del personale. Spetta inoltre allo chef, la responsabilità di saper gestire la sua immagine e quella della struttura, partecipando a tutto quello che rappresenta il marketing fondamentale per pubblicizzare il locale. Quindi curare il sito internet, presenziare a programmi televisivi e serate di gala, abbinare la sua immagine a più eventi possibile e soddisfare i sempre più numerosi blogger (quelli di rilievo ovviamente) e gli ispettori delle principali guide. Un lavoro che è quindi a 360° e con orari che partono dalla mattina alle 9 e si concludono  intorno alle 23. I giorni di riposo? Quasi un miraggio.
Per uno chef, lavorare quindi in una cucina stellata, presuppone un impegno che va ben oltre alla creazione del semplice piatto, che spesso viene lasciato all'inventiva del sous chef, il quale alla necessaria competenza, deve abbinare la fiducia dello chef che spesso risulterà assente dalla cucina per i molteplici impegni. Spetta quindi al sous chef, spesso definito ghost chef, perché svolge un servizio fondamentale ma all'ombra dello chef,  collaborare a creare nuove proposte da presentare all'approvazione dello chef. Quelli sopra alcune recenti varietà di piatti di Alessio Mori, Sous Chef presso il ristorante I Salotti di Villa il Patriarca di Chiusi http://www.isalottidelpatriarca.it/, sottoposti all'attenzione dell'executive chef Katia Maccari, da tredici anni insignita di una stella dalla guida Michelin e nel 2015 ambasciatrice di Women for Expo. Un lavoro non casuale che deve abbinare il bello al buono, un lavoro che va oltre il servizio ai tavoli e che quindi si sostituisce spesso al tempo libero.
In tema, il filmato qui di sopra che riprende la giornata tipo del Sous Chef di un ristorante due stelle Michelin di Los Angeles, da quando si alza presto per recarsi al mercato, alla sua attività in cucina che termina a notte avanzata, un lasso di tempo da trascorrere in piedi e che lascia poco spazio a svago e divagazioni; là dove il servizio è al top ed il cliente necessariamente più esigente, non si possono commettere errori ed ogni passaggio,ogni tassello deve svolgere il suo compito alla perfezione.
L'altro falso messaggio che trasmettono i media, riguarda i facili guadagni: come in ogni categoria, sono pochissimi coloro che si arricchiscono con questo lavoro, qualcuno riesce ad avere stipendi da dirigente, mentre la quasi totalità è retribuita con stipendi da operaio specializzato; in media per uno chef si parla di stipendi fra i 2000 ed i 2500 euro, mentre per il rimanente della brigata, si va da 1100 ai 1600 euro per non meno di dieci ore di lavoro!

Tapas di melanzane e caciocavallo - eggplant tapas - tapas de berenjena - 茄子小吃,

Si avvicina l'estate e fra i prodotti tipici di questa stagione vi è la melanzana; l'estate inoltre non può non essere abbinata all'idea di ferie, di mare e di aperitivi da gustare con quelle mini porzioni di cibo che ormai hanno preso il nome di Tapas, dalla nazione di origine. Anche se le tapas hanno origine nelle taverne, il più noto rappresentante di questo tipo di cucina non può che essere considerato lo chef spagnolo Sergi Arola  http://www.sergiarola.es/  pluristellato dalla Michelin e che oltre al suo ristorante di Madrid, gestisce altri sei ristoranti in alberghi lussuosi a giro per il mondo. La nostra ricetta non rientra fra quelle tradizionali spagnole, ma vuole essere un incontro fra la melanzana alla parmigiana con varianti calabresi, avendo come ingrediente il caciocavallo tipico della Sila; occorre specificare inoltre, che contrariamente al nome, le melanzane alla parmigiana sembrano essere più tipiche delle regioni del sud che emiliane.
Per rendere più semplice, veloce, gustoso e diremo anche con ottime caratteristiche nutrizionali, abbiamo scelto di non friggere la melanzana, eliminando quindi parte del sapore ma in favore di una maggiore digeribilità con eliminazione di quegli odori derivanti dalla frittura, che inevitabilmente invadono la cucina.
Questi i pochi ingredienti:
- melanzane del tipo lungo;
- pomarola;
- caciocavallo;
- grana od altro formaggio a piacere.
- olio, sale panegrattato e origano.
La procedura è semplice ed abbastanza veloce.
Affettiamo per la larghezza la melanzana, in modo da formare dei dischi che metteremo disposti in un colapasta con spolverato del sale, in maniera tale che la melanzana tiri fuori il suo liquido amarognolo. .
Asciugate le melanzane, le grigliamo leggermente e poi si pongono in una pirofila formando dei mini cilindri alternando un disco di melanzana ad una piccola fetta di caciocavallo per un massimo di tre dischi; aggiungiamo la pomarola ed un pizzico di origano e di pangrattato, con un giro d'olio. Non resta adesso altro da fare che infornare a 200 gradi e lasciare cuocere per una decina di minuti coperti da un foglio di alluminio e cinque senza niente. Adesso possiamo servire ogni piccola porzione: il piatto è pronto!
Come sempre, le varianti sono innumerevoli e mi viene in mente principalmente un "insaporimento" fatto a base di capperi, acciughe e pecorino. Non resta altro da dire che.... buon appetito.