tanto di cappello

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sabato 20 febbraio 2016

Taverna del Patriarca - Villa il Patriarca Chiusi

Siamo a Chiusi, in località Querce al Pino, appena usciti dalla A1. Sulla collinetta che domina il centro commerciale,
si erge la dimora storica di  Villa Il Patriarca un hotel 4 stelle molto ben curato e che fu tanto caro al regista Federico Fellini che più volte vi soggiornò insieme alla moglie Giulietta Masina e dove girò parte del film 8 1/2. Come tutti gli alberghi che si rispettino, il Patriarca ha due ristoranti: il lussuoso ristorante "I Salotti", insignito di una stella michelin da ben 14 anni ed alla cui guida si trova la chef Katia Maccari e la trattoria che prende il nome dell'albergo: la Taverna del Patriarca, che sarà oggetto della presente recensione.






L'accesso alla Taverna avviene sul lato destro della villa, senza andare ad influire su quello che è il corpo dell'albergo. Molto caratteristico l'interno, arredato con gusto con tavoli in legno tipici del primo 900 e sedie impagliate. Due le sale, la prima più prossima all'ingresso, ospita il piccolo banco bar, i servizi e la cucina, sulla quale campeggia un bel focolare a vista, dove il cuoco passerà gran parte del suo tempo, tante saranno le richieste di carne alla brace; questo locale si trova nella parte più nuova dell'edificio e presenta soffitti in travi. La seconda sala, più grande, è invece a volte. L'intero locale risulta estremamente curato oltre che nell'aspetto, anche nella pulizia e così vale anche per il personale di sala che appare più tipico di un ristorante di lusso che di una trattoria. Gentilezza, professionalità ed efficienza per gli addetti al lavoro che, nei giorni di tutto esaurito, appare forse in numero sottostimato, ma questa è purtroppo una pecca comune alla maggior parte dei locali.
Due forchette, un coltello, un bicchiere anni 60 ed un corposo calice per il vino sistemati su tipica tovaglietta di carta gialla,  rappresentano l'adeguata mise en place del locale.
Trattoria abbiamo detto, ma solo in apparenza, infatti noteremo presto l'alta qualità di quanto ci viene proposto. Intanto partiamo dalla carta dei vini che, presentata a parte, vanta una quantità tale di etichette da mettere in suggestione anche i più rinomati ristoranti; evidentemente la "comunità" con lo stellato ristorante "I salotti" influisce su questa carta e sicuramente molte etichette sono condivise. La qualità dei vini appare alta ed il listino adeguato. In questa varietà la cameriera ci viene immediatamente incontro proponendoci un rosso della casa che si dimostra una scelta estremamente azzeccata. Per il resto facciamo da soli.
Iniziamo con un tagliere di cinta senese con crostini e formaggio, un antipasto che viene servito per due
Al tagliere si accompagna un cestino con pane e focaccia 
Occorre specificare che tutti i salumi sono frutto dell'allevamento e lavorazione dell'azienda proprietaria di Villa Il Patriarca e che pane e pasta sono frutto della capacita della cuoca "Violetta"; l'azienda produce comunque anche pasta confezionata destinata alla vendita con il marchio "Pasta Panarese".









Anche per i primi la carta offre una varietà di prodotti locali, senza divagazioni alla cucina nazionale od internazionale: siamo in una trattoria del senese ed i piatti sono senesi!
Fra paste e zuppe, ravioli e gnocchi, optiamo per un piatto di pici fatti a mano cacio e pepe rosa
e Ravioli di faraona su fonduta di parmigiano reggiano

Ottimi entrambi, la farcia di faraona tagliata al coltello viene splendidamente "addolcita" dalla fonduta di parmigiano
Per i secondi, vi è una gran quantità di carne bovina, suina ed ovina grigliata, dove le bistecche vanno per la maggiore, dalla famosa chianina alla fiorentina, passando per la tagliata. Noi optiamo invece per il maialino di cinta senese arrosto con patate, ovviamente allevato allo stato brado nella Val D'Orcia
Nel menù spiccano inoltre le lunghe cotture della Guancia di vitello con crema di patate oppure piatti apparentemente più umili quali l'uovo al tegamino con scamorza affumicata e la salsiccia e fagioli all'uccelletto.
Per i contorni non fa difetto la semplicità come per tutti gli altri piatti, semplicità che non fa rima con banalità, come accade per il dessert dove la scelta per la creme brulé all'arancia si dimostra oltremodo azzeccata: la delicatezza di questo dolce appare veramente di difficile descrizione ma di sicura garanzia. 
Poiché la Taverna del Patriarca gode di ottima fama e recensioni positive, è vivamente suggerita la prenotazione.
Questo il collegamento al link della Taverna del Patriarca La Taverna del Patriarca


lunedì 8 febbraio 2016

Alberghi e ristoranti Michelin a Firenze - Hotels and Michelin restaurants in Florence - フィレンツェのホテルやミシュランレストラン

Pur in ritardo, ma sempre attesa, la guida Michelin anche quest'anno ha elargito le sue sentenze. Quasi sempre scontate, talvolta criticate ma sempre temute e considerate, lo scorso dicembre sono uscite le "rosse", come sono chiamate le guide Michelin.
Il nostro interesse non può non essere rivolto ad alberghi e ristoranti della cintura fiorentina, vero fiore all'occhiello di una città che vuol sempre più dedicarsi ad un turismo d'elite.
La guida non riserva sorprese e conferma il dualismo fra Four Seasons e St. Regis (ex Grand Hotel), con camere che partono da oltre 300 euro a notte e colazioni da 40 euro. La suite reale? 15 mila a notte! Allo stesso livello viene considerata l'altra struttura della catena Starwood (a proposito acquisterà tutto Marriot?), il Westin Excelsior che tuttavia a differenza dei primi due, mostra qualche pecca dovuta al non più recente ultimo restyling. In tutti i casi, personale impeccabile nell'abbigliamento e cura della persona: non un tatuaggio visibile, non un anello oltre quello nuziale, nessuna tolleranza per piercing e armenicoli simili. Il rapporto sfiora un dipendente per ogni posto letto. Si tratta di palazzi storici finemente ristrutturati, con una stortura, quella del Westin con il suo ristorante all'ultimo piano che fornisce al cliente un paesaggio che non ha eguali, ma che mal si intona con il resto dell'edificio. In prima pagina, leggermente staccato in graduatoria, il Grand Hotel Villa Cora, altra dimora storica da taluno indicata con l'appellativo della casa più bella nella strada più bella di Firenze. Recentemente ristrutturato, di proprietà di Antonella e Sandro Fratini, fa parte del brand Relais & Chateaux, garanzia di servizio di alto livello. A seguire un numero che forse non ha eguali di alberghi a quattro e cinque stelle, con le differenze che conosciamo: quattro stelle di nicchia, come il gruppo Lungarno Hotels, o da gruppi, come per la maggior parte.
Un occhio particolare da parte di Esperienze di Gusto, non può non essere rivolto alla ristorazione.
Fino agli anni '90 la cucina d'albergo era sinonimo di cucina pessima o di basso rilievo: una cucina da spaghetto, braciolina e patate fritte. Spesso negli annunci di lavoro, era possibile notare la nota "no cuochi d'albergo".
Da un quarto di secolo, la tendenza è cambiata e adesso un albergo di lusso non può non annoverare fra i servizi quello di un ristorante gourmet e viceversa, il ristorante gourmet di livello almeno nazionale, non può fare a meno di offrire all'esigente clientela anche un giaciglio di lusso per il dopo cena. Ed ecco quindi che il ristorante più prestigioso della città gigliata, l'Enoteca Pinchiorri, ha sopperito alla mancanza di camere grazie alla coabitazione con l'Hotel Santa Croce, un 5 stelle della catena Baglioni Hotels. Giorgio Pinchiorri e la moglie Annie Feolde, mantengono il prestigio e le tre stelle della guida, tuttavia la dipartita dello chef Alessandro Bassi cala più di un'ombra e di un dubbio sulla tenuta ad alti livelli dello storico ristorante, sempre più in ribasso nelle classifiche nazionali ed internazionali. Chi invece cresce, sono i ristoranti degli alberghi di lusso. Ecco quindi che Il Palagio del Four Seasons e il Winter Garden by Caino del St. Regis, si trovano appaiati con una stella michelin, seguiti a distanza per cucina ma soprattutto per ambiente, dall'Ora D'aria dello chef Marco Stabile, ristorante "puro". Fra i tre, senza riconoscimenti stellati ma in posizione tale da far capire che la guida guarda con particolare attenzione all'operato del nuovo chef Matteo Lorenzini che con tanto clamore aveva raggiunto la stella a Le Tre Lune di Calenzano, salvo chiudere il locale un mese dopo. Matteo era poi passato al Mandarin di Milano, quale sous chef di Antonio Guida. ma la collaborazione con il cuoco di origini pugliesi non deve essere facile, tanto che Matteo Lorenzini ha lasciato lo chef stellato dopo pochi mesi, come già aveva fatto l'anno prima il nostro Alessio Mori http://esperienzedigusto.blogspot.it/2015/11/la-chef-stellata-katia-maccari-sara.html  quando Guida si trovava al Pellicano di  Porto Ercole. Siamo certi che Lorenzini saprà stupire tutti anche stavolta, portando al SE.STO dell'Hotel Westin Excelsior la prima stella michelin, operazione riuscita al primo anno ad un'altro nuovo arrivo in terra fiorentina, Peter Brunel nuovo executive chef del Borgo San Jacopo della catena Lungarno hotels del brand Ferragamo che ha le sue basi sulle due rive dell'Arno a valle di Ponte Vecchio.   Qui si chiude la prima pagina fiorentina dei ristoranti elencati dalla guida michelin, che non manca nelle pagine seguenti di nominare i rimanenti ristoranti dei vari hotel Regency, Helvetia & Bristol, Savoy, Montebello e Villa Cora.

Torniamo al tema iniziale: la ristorazione gourmet negli alberghi. L'Hotelleria di lusso per essere tale deve offrire il massimo in tutto: ed ecco che ai nostri tempi sarebbe impensabile un Four Seasons od un St Regis con ristoranti di medio livello. Da qui gli investimenti in tal senso. Il Four Seasons apre a Firenze nel 2008 ed affida i suoi ristoranti all'abile guida di Vito Mollica che al Four Seasons di Praga si era aggiudicato il titolo di primo stellato in un Paese dell'est Europa. Mollica a Firenze giunge quindi con la fama di chef serio e preparato, con una carriera vissuta all'interno della catena alberghiera di proprietà Arabo/statunitense ma con sede in Canada. Forse il suo destino di successore del mito Sergio Mei, era già segnato otto anni fa ed oggi lo vediamo quale coordinatore della ristorazione dei due Four Seasons italiani. 
Nel 2010, dopo un lungo restauro, riapre lo storico Grand Hotel in piazza Ognissanti, con il marchio St Regis, forse il più prestigioso del brand Starwood. Il St. Regis si sostituisce in qualità al Westin Excelsior, sottraendo al dirimpettaio gli ospiti più illustri. Anche in questo caso, la ristorazione non può essere un accessorio ma parte integrale e pari alla struttura di lusso. Dopo un tentativo fallito con l'Enoteca Pinchiorri, inizia la collaborazione con la pluristellata Valeria Piccini del noto ristorante Caino di Montemerano. Valeria, che i più giovani collaboratori chiamano venevolmente "la signora" dedica due giorni a settimana alla ristorazione fiorentina ed il Winter Garden e grazie alla competenza e capacità di fare gruppo che la distingue, raggiunge immediatamente l'agognata stella, simbolo di qualità ed ottima cucina. Impegno finanziario ma con meno clamore, quello del Savoy di P.zza Repubblica, dove la proprietà Rocco Forte da anni si fregia della consulenza di un ex leader della ristorazione nazionale ed internazionale: Fulvio Pierangelini ex Gambero Rosso di San Vincenzo, che nel 2008 aveva scalato le graduatorie mondiali fino al 12° posto per poi chiudere improvvisamente il locale e l'attività. 
Per finire una diversa ristorazione, rivolta soprattutto al turista americano, quella del lussuoso hotel Villa San Michele di Fiesole dove lo chef Attilio Di Fabrizio da decenni trascorre l'estate fra i fornelli dell'albergo e l'inverno a giro per il mondo, ambasciatore della cucina italiana e di Villa San Michele.

Brasato di guancia - cheek braised -

La brasatura, se guardiamo le varie guide culinarie, dovrebbe avere un iter ben preciso che oltre ai lunghi tempi di una cottura lenta, prevede anche un determinato tipo di contenitore a fondo spesso e chiusura quasi ermetica, nello specifico denominato brasiera; si prevede inoltre una lardellatura della carne, se non anche una precedente marinatura. Noi, come al solito, facciamo di testa nostra e cerchiamo di stare più "comodi" rispettando solo i due principi fondamentali della brasatura: la lenta e lunga cottura e l'iniziale rosolatura. Per quanto riguarda invece il pezzo di carne da utilizzare, optiamo per uno di scarsa considerazione e quindi di bassissimo prezzo: la Guancia che troviamo a meno di 6 Euro/kg e che è ricchissima di tessuto connettivo, normalmente caratteristica negativa ma che nella cottura lunga risulta un valore aggiunto.
Alcune fasi da noi seguite, sono viste come errori anche macroscopici, come per esempio far precedere la cottura della carne dalla rosolatura del trito di verdure ed il motivo non sarebbe vezzeggiativo o pretestuale, ma trova una ragione scientifica che vuole il soffritto cuocere a basse temperature, mentre la rosolatura della carne deve raggiungere almeno 140°, che è la temperatura minima per l'interazione di carboidrati e proteine, tale da formare la tipica crosta superficiale scura, presente non solo nel brasato, ma anche nella bistecca, nel pane e nei fritti. La stessa padella, utilizzata al posto del tegame con base spessa, è vivamente da sconsigliare qualora si utilizzi il normale fornello a gas, soprattutto per una ragione di risparmio ed anche per evitare che la fiamma bassa si concentri solo al centro. Qualora infatti si utilizzi il fornello a gas, è vivamente consigliato se non si dispone di una pentola a base spessa, l'utilizzo di un diffusore per evitare che il calore si concentri sul centro.
Fatto questa doverosa prefazione che non vuole certo scoraggiare il lettore ma anzi, fornire una varietà di possibilità di intervento senza che si incida sulla qualità del prodotto, passiamo alla cottura ad iniziare dagli ingredienti utilizzati:
- cipolla, carota, sedano
- due guance medie di manzo
- un bicchiere di vino rosso
- brodo di carne abbastanza leggero
- farina 00, olio, sale e pepe senza esagerare, altrimenti avrete fatto un peposo.

Tagliamo in maniera abbastanza grossolana le verdure e lasciamole soffriggere fino ad imbiondimento delle cipolle:


Nel frattempo laviamo ed asciughiamo le guance, eliminando l'eventuale tessuto connettivo che troviamo in superficie. Si passa la carne nella farina e poi la poniamo nel nostro caso in padella, nel vostro in tegame; a questo punto alziamo la temperatura di cottura in maniera da rosolare la parte esterna della guancia. Giriamo solo una volta, come avviene per la bistecca, quando la rosolatura è fatta. In questa fase viene versato il vino che favorisce la reazione chimica che oltre alla citata crosta sulla carne, rilascerà in pentola quella sostanza scura che poi si staccherà al versare del brodo, contribuendo in maniera determinante a fornire sia la densità che il gusto della lunga cottura.

Formata la crosta ed evaporato l'alcol del vino, si abbassa nuovamente la temperatura di cottura, versando il brodo fino almeno a metà della carne. Si coperchia lasciando sobbollire per un tre orette e girando la carne almeno ogni mezzora. Qualora il liquido venga a mancare, lo si aggiunge. 

A mano a mano che la cottura prosegue il collagene si scioglie e le fibre muscolari cominciano a scivolare una sull'altra; la sensazione nel mangiare sarà di una carne gustosa e leggermente collosa che si scioglie in bocca. A cottura ultimata, si toglie la carne, ponendola in uno scaldavivande in maniera tale che si mantenga calda per una decina di minuti, il tempo necessario affinchè il liquido si ritiri abbondantemente e tale da avere la giusta densità da versare sopra alla carne. Taluno passa il fondo di cottura al frullatore, noi riteniamo non sia necessario, tanto le verdure si scioglieranno non appena messe in bocca e non potrebbe essere altrimenti dopo oltre tre ore di cottura.


E' il momento di impiattare. Di solito il brasato lo si serve con il purea di patate, ma come per la cottura, abbiamo voluto fornire due varianti al classico: 
 con ceci lessati e con bietole saltate.

Considerazioni finali.
- il piatto è ottimo ma se lo si fa solo per una questione di risparmio, come per tutte le cotture lunghe occorre che al costo della carne non si debba aggiungere anche quello del gas che andrebbe a vanificare quasi totalmente nelle oltre tre ore di cottura, il risparmio iniziale. Nel nostro caso, abbiamo utilizzato la cosiddetta cucina economica a legna, che rende più difficile la variazione di temperatura, ma ha il duplice vantaggio di scaldare e cucinare allo stesso tempo. Qualora invece si opti per il fornello a gas, è obbligatoria la pentola ad alto spessore alla base. Il forno, utilizzato nei ristoranti, comporta un prezzo elevato, almeno che anche in questo caso non si utilizzi la cucina a legna.
- la marinatura precedente non è determinante, ma facilita il processo di abbronzatura iniziale della carne, determinante per il contenimento dei liquidi. Nel caso vi si proceda, il liquido filtrato sarò lo stesso utilizzato per la cottura.
- in cottura si possono utilizzare quale sostanza liquida, sia il brodo come fatto da noi, che il vino con o senza acqua. Allo stesso modo, anche per le spezie eventuali che ognuno può utilizzare per i propri gusti.

Piatto semplice e di sicuro successo, rientra a pieno titolo nella cucina povera tradizionale, se però pensate di adoperarvi per un brasato al Barolo ........... perchè "allora t'ha fatto ì guadagno dì Lica " (antico detto fiorentino anche questo con varianti)
Buon appetito!!